La tutela dell’immagine è disciplinata dagli artt. 10 c.c. e 96-98 l.a. Nonostante la diversa terminologia utilizzata (“ritratto” nell’art. 96 l.a. e “immagine” nell’art. 10 c.c.), si ritiene che le due espressioni debbano essere intese come sinonimi e che entrambe si riferiscano esclusivamente alle raffigurazioni del soggetto che ne consentano la riconoscibilità.
La riproduzione delle fattezze di una persona può essere realizzata non solo attraverso la fotografia e le varie forme espressive proprie dell’arte figurativa (pittura, scultura, incisione etc.), incluso l’impiego del disegno caricaturale ma anche tramite la c.d. “maschera scenica” (ossia affidando a un attore la rappresentazione del personaggio), utilizzando un sosia oppure evocando la persona mediante il richiamo ad accessori che la contraddistinguono.
Di recente, la giurisprudenza ha considerato illecita la pubblicazione di una fotografia con la soppressione digitale dei tatuaggi dal corpo della modella, in quanto la scelta di tatuarsi è stata considerata espressione della volontà di conferire alla propria immagine un’identità specifica ed unica.
Per principio generale, il ritratto non può essere esibito, riprodotto o messo in commercio senza il consenso della persona raffigurata. Il consenso può essere prestato espressamente oppure desumersi dal comportamento della persona ritratta. Nel caso di consenso espresso, si ritiene che non sia necessaria la forma scritta, a condizione che non vi siano incertezze circa l’effettiva volontà del titolare del diritto all’immagine. L’efficacia del consenso andrà inoltre valutata nei limiti di luogo, tempo e scopo per i quali era stato prestato.
Il consenso tacito o implicito è ammissibile a condizione che possa desumersi senza incertezze dal comportamento della persona raffigurata, valutazione che deve essere effettuata caso per caso.